- 18 Agosto 2019
- Postato da: Linda Caroli
- Categoria: Economia e Finanza

L’oro può essere considerato un solido e sicuro asset finanziario in grado di incrementare il suo valore nel tempo.
Per questa ragione le Banche Centrali ne detengono in gran quantità nei loro caveau.
Forse non tutti sanno che l’Italia è il terzo paese al mondo per volumi posseduti.
Ma come viene “controllato” il prezzo dell’oro? Grazie a un accordo siglato nel 1999 dalle Banche Centrali che a suo tempo vollero impedire che si replicasse il tentativo fatto quello stesso anno dalla Banca di Inghilterra che cedette sul mercato una parte delle sue riserve. Tali cessioni all’epoca influenzarono il prezzo dell’oro.
L’accordo fu denominato Central Bank Gold Agreement (CBGA) che prevedeva una grossa limitazione nell’attività di vendita dei lingotti d’oro da parte delle Banche Centrali.
L’obiettivo era quello di preservarne il valore intrinseco, e negli anni , la scarsità di transazioni di lingotti tra Banche Centrali, ha determinato anche un notevole accumulo del metallo pregiato nei forzieri di molti paesi, Italia compresa.
Il CBGA ha quindi contenuto le oscillazioni del valore del metallo garantendo addirittura negli anni la crescita del suo prezzo unitario.
Oggi l’oro è quotato circa 43,88 € al grammo. Le nostre riserve, pari a 2452 tonnellate, al momento valgono complessivamente circa 107 mld di euro.
Tanta roba!!!
Sono conservate per metà presso i forzieri della Banca d’Italia e per metà sparse nei caveau di mezzo mondo.
Ma a cosa servono queste riserve auree?
Rappresentano una garanzia di buon adempimento degli impegni presi dall’Italia nei confronti di organismi finanziari internazionali. Il risultato della gestione di tali riserve contribuisce alla formazione del bilancio e alla preservazione della solidità patrimoniale della Banca Centrale a fronte dei rischi cui viene esposta nello svolgimento delle sue attività istituzionali. Non essendo emesso da soggetti terzi, l’oro rappresenta un ottimo strumento di preservazione di valore, privo di rischio di credito. Considerate le turbolenze economiche legate soprattutto alle insistenti e pesanti politiche monetarie, l’esistenza di solide basi auree garantisce il sistema e la sua tenuta.
Il forte incremento del suo valore nel tempo non può certo essere considerato una plusvalenza: non si tradurrà quindi in maggiori utili per la Banca d’Italia .
Questo asset così rivalutato nel tempo certamente rappresenta un’attività potenzialmente cedibile.
Ogni Banca Centrale, qualora ce ne fosse bisogno, potrebbe quindi venderlo.
Ma nel breve non esistono questi rischi quindi per il momento (e per fortuna) i lingotti resteranno dove sono.