- 11 Maggio 2018
- Postato da: Linda Caroli
- Categoria: Economia e Finanza

Il Made in Italy è ammirato in tutto il mondo ed è espressione della genialità italiana, che piace molto, tanto quanto le nostre bellezze naturali.
Siamo leader in quasi tutti i settori economici: dal turismo, alla moda, dalle telecomunicazioni all’Information Techonology, dall’alimentare al benessere.
Siamo tra le maggiori manifatture europee, dove è stato toccato il maggior valore dal 2010 quando la produzione crollò per colpa della crisi. Il valore del Brand Italia continua a crescere tanto che a settembre del 2017 ha superato il valore di 2 mila mld di dollari.
Purtroppo gli ultimi dati rilevano che non siamo capaci di dare un’ immagine adeguata al nostro valore e nonostante le ottime performance delle aziende nazionali, la brand image si è indebolita per colpa della nostra instabilità politica. Siamo anche penalizzati da una percezione generale che è decisamente peggiore rispetto alla realtà dei fatti, dalla bassa qualità della comunicazione, dalla nostra storica tendenza a screditarci. Quella che manca è la presa di coscienza che siamo un Paese straordinario, che ha tutte le carte in regola per portare in giro con orgoglio la propria bandiera così come è stato fatto dai nostri grandi e illustri predecessori.
Siamo l’1% della popolazione mondiale, il 2% della superficie mondiale ma abbiamo il 3% della produzione globale. A parte la Germania siamo il Paese che ha meno sofferto del fenomeno della globalizzazione, siamo il secondo paese manifatturiero europeo e in alcune nicchie siamo addirittura delle eccellenze uniche al mondo.
Purtroppo nel nostro Paese non c’è sistema, che in mercato globalizzato è fattore essenziale: in Italia prevalgono aziende a conduzione familiare, di piccole o medie dimensioni .
Quello che ancora manca a molte aziende italiane è la robustezza finanziaria ed economica. La crisi del mondo bancario ha certamente incrementato la difficoltà di reperimento di risorse. Non dimentichiamo che la struttura finanziaria di un’azienda italiana mediamente è composta da un 70% di indebitamento di natura bancaria e un 30% con altri strumenti. In America è esattamente il contrario.
L’Europa spinge perché l’imprenditoria italiana si rivolga sempre di più al mercato perché così facendo si acquisisce maggiore forza finanziaria che a sua volta rende più facile aprirsi anche ai mercati esteri.
Per questo motivo più di un anno fa sono arrivati i PIR -Piani Individuali di Risparmio : nel 2017 sono stati raccolti circa 10,9 miliardi di euro.
Una valanga di liquidità che, secondo una ricerca di Intermonte SIM di Milano, ha influito positivamente sui listini di Small Cap e Mid Cap. Sul listino AIM Italia la media mensile degli scambi è passata da 27 milioni di € del 2016 a 165 milioni di € nel 2017, mentre il listino Star da 977 milioni di € nel 2016, è passato a 1,77 Miliardi di € nel 2017.
Numeri impressionanti!
Nel 2017 è cresciuto anche il numero delle aziende quotate che vede attualmente un listino di 95 società, con un incremento del 23% rispetto all’anno prima e con una capitalizzazione che è arrivata a 5,7 Miliardi di €.
Si tratta di una corsa che ha appena preso il via e che nel 2018 continuerà: l’obiettivo di raccolta è pari a 70 mld nei primi 5 anni e oltre 150 Mld nei 5 anni successivi.
L’avvento dei PIR ha collegato due eccellenze del nostro paese: la grande capacità di risparmio delle famiglie italiane da una parte (in termini di capacità di risparmio siamo secondi dopo il Giappone) e le eccellenze produttive dall’altra.
Basti pensare che 500 aziende di piccole/medie dimensioni negli ultimi 10 anni sono cresciute in media del 7% (+ 700% in 10 anni).
La strada da fare è lunga, poiché gli imprenditori italiani hanno ancora un grande timore di aprire il proprio capitale all’esterno per paura di perdere il controllo sulla propria azienda. Ma il mercato offre anche altri strumenti quali i prestiti obbligazionari e i mini-bond.
La speranza è che nei prossimi anni risparmio e mercato si armonizzino: serve uno scatto culturale da entrambe le parti.
La risposta dei risparmiatori italiani è stata forte, grazie soprattutto alla leva fiscale offerta dai PIR.
Il mercato ora deve fare il resto.